Gargiulo: l’ultimo degli spazzacamini. L’imprenditoria napoletana alla conquista dell’Italia.
Pochi lo sanno, ma il successo di un ristorante si determina anche grazie a chi lavora dietro le quinte. Come Roberto Gargiulo, imprenditore partenopeo del settore aspirazione e pulizia canne fumarie. Apprezzare i piatti dei famosi chef stellati non è solo una questione gourmet
Lavorare dietro le quinte non vale solo per il teatro. Nel mondo della cucina, dove gli chef diventano star e i piatti opere d’arte contemporanea, esiste un indotto fatto di professionisti e imprenditori che fa la sua parte lontano dai riflettori. E Napoli è una delle città protagoniste della cucina italiana: non solo grazie a ciò che vediamo nel piatto, ma anche a chi dietro queste famose quinte ci lavora. Roberto Gargiulo è uno di loro.
Napoletano, poco più che quarantenne, 25 anni di esperienza nel settore delle aspirazioni per ristoranti e locali pubblici, un team di 13 professionisti. Roberto è colui che potrebbe definirsi “l’ultimo degli spazzacamini”, moderno pronipote di chi prima si infilava fisicamente nelle canne fumarie per pulirle dalla fuliggine. Oggi, ovviamente, esistono sistemi molto più all’avanguardia che vengono montati in ristoranti, pub, pizzerie, trattorie, per garantire gli standard di igiene e qualità. Un mestiere quasi “trasparente”, come lo definisce Roberto. Nel senso di invisibile: “Un lavoro che non sembra determinante per il successo di un locale – ci dice – ma che invece lo è eccome. Voi tornereste in un ristorante dove, anche dopo una cena soddisfacente, i vestiti vi restano impregnati di odori del cibo? Uno chef lavorerebbe in una cucina piena di nebbie oleose a rischio enfisema polmonare?”.
Roberto è uno che fa imprenditoria a Napoli. Città non facile per chi conta di metter su un’attività in proprio: “Questa è la città degli eccessi e dei controsensi, è vero. Devo molto a Napoli, quasi tutto. Certo: a Roma, dove gestisce tutto mio fratello Danilo, e a Milano, è stato tutto molto più facile, più “fluido”; magari per l’esperienza maturata in passato e per la maggiore predisposizione che hanno queste due ultime città verso gli imprenditori volenterosi. Ad ogni modo Napoli è una palestra unica! Credo che se riesci a realizzarti qui, all’ombra del Vesuvio, tu possa non avere limiti altrove”.
E basta leggere la lista dei ristoranti che si affidano alle sue “cure”, per capire che portare il nome di Napoli in Italia e nel mondo, grazie al proprio lavoro e al proprio impegno, non è un risultato irraggiungibile: 50 Kalò, La Notizia di Enzo Coccia, Palazzo Petrucci e Brandi, La Buca di Bacco, Pennyblack e l’Antica Pizzeria da Michele di Forcella, ma anche la prestigiosa etichetta dell’Hilton, i franchising di Eataly e di Rossopomodoro, il Bar del Fico di piazza Navona a Roma. Napoli gira tutta Italia grazie alla sua cucina. In tutti i sensi: “Ho circa 6mila clienti, tra questi i migliori ristoratori campani e nazionali. Con gli chef ho un ottimo rapporto, che spesso sfocia nel personale. Anche quelli che magari davanti alle telecamere diventano delle ‘prime donne’, nel quotidiano sono grandi lavoratori e, nella maggior parte dei casi, provengono da lunghissime gavette”.
Una storia che oggi definiremmo “positiva” nella città “degli eccessi e dei controsensi”, come dice Roberto, dove impiantare un’attività così longeva e in perenne crescita non è un passo scontato: “La fortuna più grande nella vita è fare il lavoro che piace. Solo così si ha davvero la sensazione di non ‘lavorare mai’, anche se sei impegnato 7 giorni su 7 per 15 ore al giorno”. Anni di sacrifici per partire da qui, da via Epomeo, in quel quartiere di Soccavo che balza spesso all’onore delle cronache per episodi poco edificanti di regolamenti di conti fra bande rivali. Un quartiere che, stavolta, diventa trampolino di lancio verso i locali e la ristorazione di tutta Italia. La dimostrazione che anche qui, in questa città, fra le pieghe di un tessuto sociale fra i più controversi e conflittuali al mondo, esiste una speranza che passa per il lavoro e la dedizione.